Capital Group: Perché il dollaro merita più credito

Pubblicato il 23/07/2025 - Capital International Management Company SARL
CONSIDERAZIONI PRINCIPALI
  • La debolezza del dollaro è stata in gran parte causata dall'apprezzamento dell'euro, che potrebbe ora essere eccessivo.
  • La resilienza dell'economia statunitense, i differenziali di tasso di interesse favorevoli e un premio al rischio sul dollaro potenzialmente sovrastimato indicano una prospettiva più positiva per il dollaro rispetto a quanto rifletta il sentiment di mercato.

In un recente documento1 abbiamo sostenuto che per un indebolimento duraturo del dollaro servirebbero prove incontrovertibili di riduzione dei differenziali di tasso di interesse reale o crescita tra gli Stati Uniti e i principali partner commerciali, condizioni che al momento non si sono ancora pienamente concretizzate. Da allora, la narrativa sulla debolezza del dollaro ha continuato a guadagnare terreno, ma gran parte di tale debolezza percepita riflette in realtà la forza dell'euro, che potrebbe ora essere eccessiva. Nel frattempo, l'economia statunitense continua a dimostrare resilienza, i differenziali di tasso di interesse rimangono favorevoli e il premio al rischio sul dollaro potrebbe essere più alto di quanto giustificato dai rischi sottostanti. Nel loro insieme, questi fattori potrebbero indicare una prospettiva più ottimistica per il dollaro rispetto a quanto implica l'attuale sentiment di mercato.

L'indice del dollaro riflette principalmente la forza dell'euro, che potrebbe ora essere eccessiva

La narrativa in merito all'indebolimento del dollaro spesso trascura il fatto che gran parte delle recenti fluttuazioni nei mercati valutari è stata dettata dall'apprezzamento dell'euro. Gli indici del dollaro generali, che includono le valute dei mercati emergenti, sono diminuiti di poco rispetto ai loro picchi2.

Parte dell'apprezzamento dell'euro sembra giustificata, considerando che la recente approvazione da parte della Germania di una spesa fiscale rappresenta un cambiamento significativo rispetto alla sua tradizionale posizione fiscale conservatrice. La domanda principale ora è se questa spesa si tradurrà in investimenti produttivi in grado di migliorare la capacità dell'offerta del Paese, o se sarà limitata da strozzature strutturali.

La Germania continua ad affrontare sfide come la carenza di manodopera e inefficienze burocratiche, che potrebbero limitare l'efficacia degli stimoli economici. Se tali vincoli persisteranno, vi è il rischio che la spesa aggiuntiva alimenti l'inflazione anziché stimolare una reale crescita economica. Inoltre, anticipando una parte significativa della spesa, i policymaker potrebbero ridurre l'urgenza o la volontà politica di perseguire riforme strutturali più difficili e impopolari.

Al momento è ancora troppo presto per determinare l'esito con certezza. Ciò che è evidente, tuttavia, è che la recente forza dell'euro sembra sempre più in contrasto con i fondamentali economici sottostanti. Come osservato nel nostro precedente documento3, si prevede che la zona euro crescerà di circa l'1% nel 2025, con la Germania prossima alla stagnazione4, livelli che normalmente non supporterebbero un apprezzamento sostenuto dell'euro.

Il livello attuale del dollaro implica tassi reali statunitensi più bassi

La performance del dollaro è strettamente legata a fattori ciclici, tra cui la crescita e i tassi di interesse reali. Questi due fattori sono collegati perché i differenziali dei tassi di interesse tra i Paesi generalmente riflettono divergenze a livello di crescita e inflazione tra le economie, e una crescita più solida tende a tradursi in tassi d’interesse più elevati. 

I Treasury a 10 anni hanno evidenziato una correlazione con il dollaro

I Treasury a 10 anni hanno evidenziato una correlazione con il dollaro

Dati dal 1° gennaio 2008 al 7 luglio 2025. Dollaro statunitense = indice Bloomberg Dollar Spot. Il tasso d’interesse reale a 10 anni è la media ponderata di USA meno Germania, Giappone e Regno Unito. Fonti: Capital Strategy Research, Macrobond

Affinché il dollaro si deprezzi notevolmente in futuro, i tassi reali statunitensi dovrebbero diminuire nettamente rispetto ad altri mercati sviluppati principali, attraverso tassi nominali più bassi e/o un aumento sostenuto delle aspettative di inflazione negli Stati Uniti. Finora i rendimenti dei TIPS (titoli di Stato USA protetti dall'inflazione) decennali rimangono intorno al 2%5, e i differenziali di tasso continuano a favorire il dollaro statunitense, segnale che il mercato valutario sembra, per ora, sottovalutare.

Sebbene alcuni funzionari della Federal Reserve (Fed) abbiano espresso apertura a un taglio dei tassi, il tono complessivo della Fed rimane cauto e dipendente dai dati. Il previsto rallentamento dell'attività economica a causa di dazi più elevati, attraverso la riduzione del reddito disponibile reale e l'aumento dell'incertezza, non si è concretizzato in modo significativo. La spesa al consumo rimane solida, e gli investimenti aziendali non sono crollati come temuto. Nel frattempo, le prospettive di inflazione all’interno della Fed appaiono contrastanti, con alcuni funzionari che prevedono un aumento dell’inflazione in estate a causa dell’impatto dei dazi e altri che si aspettano un’inflazione in progressivo avvicinamento al target. Senza un chiaro catalizzatore per un allentamento, il dollaro potrebbe trarre vantaggio dal suo premio di rendimento, soprattutto se altre banche centrali rimarranno accomodanti o inizieranno a tagliare i tassi più aggressivamente. 

Rischio politico e argomentazioni a favore di un premio sull'USD più elevato

Mentre alcuni indicatori basati su sondaggi indicano un premio al rischio sul dollaro statunitense relativamente stabile rispetto all'euro, gli approcci basati sulle valutazioni mostrano che il premio è già elevato. I livelli sono ora paragonabili a quelli registrati alla fine del 2014, poco prima che la BCE avviasse il quantitative easing (QE).

I recenti sviluppi politici, tra cui il “Big Beautiful Bill”, sollevano interrogativi sulla sostenibilità fiscale degli Stati Uniti, ma tali preoccupazioni esistono da decenni senza aver compromesso in modo significativo la traiettoria generale del dollaro.

Più di recente gli investitori si sono concentrati sull'Accordo di Mar-a-Lago (sforzo informale per riequilibrare il commercio globale attraverso mosse unilaterali della politica statunitense) come possibile fonte di premi al rischio più elevati. Alcuni osservatori l'hanno definito un moderno Accordo di Plaza (1985)6, ma con un carattere più unilaterale e coercitivo. Gli obiettivi potrebbero includere: un indebolimento del dollaro per sostenere la produzione interna, una riduzione del deficit commerciale e (in teoria) del deficit di bilancio degli Stati Uniti, uno spostamento degli impegni in fatto di difesa ed economia sugli alleati sotto l'ombrello di sicurezza statunitense e un maggiore valore dallo status di valuta di riserva del dollaro statunitense.

Le politiche potenziali includono:

  • dazi per incentivare il reshoring, riduzione delle importazioni e come leva legata agli impegni di difesa.
  • riallineamento valutario (pressione sui Paesi in surplus perché effettuino una rivalutazione o un grande accordo sui tassi di cambio).
  • ristrutturazione del debito (ad esempio, swap su Treasury USA).
  • controlli sui capitali (magari ripristinando la ritenuta fiscale pre-1984).

Sebbene questi fattori possano giustificare un premio al rischio notevolmente più elevato sul dollaro, il parziale dietrofront sulle misure tariffarie aggressive iniziali da parte dell'amministrazione Trump suggerisce un approccio più pragmatico alla formulazione delle politiche, specialmente a fronte della volatilità dei mercati. Questa sembra anche essere la visione del mercato, dato che un premio al rischio più elevato non è già scontato in altre asset class statunitensi.  Le azioni statunitensi tengono bene in termini locali, mentre gli spread creditizi sono ridotti7. Se si trattasse di un rifiuto strutturale del dollaro, un premio al rischio più elevato dovrebbe manifestarsi oltre il semplice tasso di cambio.

Infine, è importante sottolineare che, nonostante alcuni dibattiti politici controversi all'interno dell'amministrazione Trump, gli Stati Uniti continuano a beneficiare del loro status di rifugio sicuro a livello globale. Durante le recenti tensioni geopolitiche, come il conflitto tra Israele e Iran, la domanda di dollari è tornata a crescere, evidenziando ilo storico ruolo di bene rifugio della valuta in tempi di incertezza. Questa dinamica rafforza l'idea che, nonostante lo scetticismo dei mercati, il dollaro rimane la valuta preferita quando i rischi globali aumentano.

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Jens Søndergaard è analista valutario presso Capital Group. Vanta un’esperienza di 19 anni nel settore degli investimenti, di cui 12 in Capital Group. All’inizio della sua carriera in Capital ha ricoperto il ruolo di economista occupandosi di Eurozona e Regno Unito. Ha conseguito un dottorato in economia e una laurea di secondo livello in affari esteri presso la Georgetown University. Opera dalla sede di Londra.

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