“L’investimento Sostenibile e Responsabile mira a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso attraverso una strategia di investimento orientata al medio–lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo”. Nel 2013 viene così definito l’investimento sostenibile e responsabile, Sustainable and Responsible Investment (SRI) o Environmental, Social and Governance (ESG). Un mercato che si è sviluppato nei Paesi anglosassoni (Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Canada) e che, a ruota, sta entrando sempre di più anche nel dizionario della finanza europea ed italiana.
Come si evince dalla stessa definizione, un investimento sostenibile richiede soprattutto un approccio differente all’investimento finanziario, non più limitato al solo raggiungimento di un dato livello target di rendimento ma al contemporaneo incremento del benessere collettivo, della società. Un investimento sostenibile richiede una cultura altruista che abbia a cuore l’interesse del singolo in sintonia con il bene generale di una società sempre più globalizzata: think local, act global. Per quanto possa sembrare scontato, è forse giusto rimarcare che le tendenze della nuova globalizzazione stanno mettendo in crisi un sistema che si rivela di giorno in giorno sempre meno sostenibile a lungo termine. I cambiamenti climatici, che spesso sottovalutiamo, costituiscono solo la punta dell’iceberg. Questi infatti non sono scollegati dalla dimensione sociale, ovvero non è possibile parlare dell’uno a prescindere dall’altro (e viceversa). Impatto ambientale e sociale come rischio e rendimento sono facce della stessa medaglia. I cambiamenti climatici hanno conseguenze sociali non di poco conto: ne sono un esempio i “profughi ambientali”, quelle persone costrette ad emigrare a causa del deterioramento delle condizioni di vita nella loro comunità di origine, che entro il 2050 potrebbero raggiungere i 200–250 milioni. Allo stesso modo un investimento sostenibile dal punto di vista ambientale (green economy) non può non tener conto di aspetti sociali (come la qualità e le condizioni di lavoro) affinché abbia un impatto positivo. Il nobile intento della finanza sostenibile è quello di far sì che i mercati finanziari siano il mezzo per indirizzare capitali verso problemi reali.
Dal punto di vista operativo diverse sono le strategie SRI. La strategia delle esclusioni, come dice il nome stesso, prevede l’esclusione esplicita di singoli emittenti o settori o paesi dall’universo investibile in base a valori e principi sensibili che possono riguardare le armi, la pornografia, il tabacco, i test su animali o le società legate ai combustibili fossili. Quest’ultima, in particolare, fa riferimento all’approccio divest–invest che prevede il disinvestimento dalle fonti fossili e promuove il finanziamento alla green economy. La strategia delle convenzioni internazionali prevede che gli investimenti siano selezionati sulla base del rispetto di norme e standard internazionali (OCSE, ONU, Agenzie dell’ONU come l’UNICEF). La strategia best in class implica la selezione dei titoli in portafoglio secondo criteri ambientali, sociali e di governance dando priorità agli emittenti migliori all’interno di un settore, una categoria o una classe di attivo. Gli investimenti tematici, invece, si indirizzano alla selezione dei titoli secondo criteri ambientali, sociali e di governance focalizzati su specifici temi quali cambiamenti climatici, salute, acqua. Più incisiva è invece la pratica di engagement che mira a creare un dialogo costruttivo con gli emittenti sul tema della sostenibilità attraverso l’esercizio del diritto di voto (hard engagement) o attraverso l’invio di relazioni e incontri periodici (soft engagement) al fine di influenzare i comportamenti dell’impresa aumentandone il grado di trasparenza.
Per quanto la finanza sostenibile rappresenti un mercato ancora agli albori, ma in forte sviluppo, si caratterizza per la crucialità dell’obiettivo sociale, che diventa il nuovo driver di creazione di valore mentre la struttura finanziaria è implementata al fine di rendere quell’obiettivo sostenibile e remunerativo. Detto altrimenti la volontà di creare un impatto sociale positivo è fondamentale tanto quanto le valutazioni tipicamente più economiche e finanziarie dell’investimento. E’ evidente che l’intenzionalità dell’investitore di creare un impatto sociale positivo costituisce una condicio sine qua non.