Il connubio finanza – tecnologia

Pubblicato il 28/05/2018 - Luigi Carta
"La prima regola di ogni tecnologia usata negli affari è che l'automazione applicata ad un'operazione efficiente ne ingrandirà l'efficienza. La seconda è che l'automazione applicata ad un'operazione inefficiente ne ingrandirà l'inefficienza." (Bill Gates)

Il neologismo Fintech nasce dall’accostamento dei termini finanza e tecnologia ed indica l’”innovazione finanziaria resa possibile dall’innovazione tecnologica, che può concretizzarsi in nuovi modelli di business, processi o prodotti, producendo un effetto determinante sui mercati finanziari, sulle istituzioni, o sull’offerta di servizi”. La rivoluzione culturale nata nei primi anni 2000 negli Stati Uniti, paese culturalmente più dinamico e portato ad innovare, registra un interesse crescente in Europa e in Italia solo a partire dal 2015: nel 2016 l’investimento in progetti Fintech ha superato i 25 miliardi di dollari a livello mondiale, di cui il 55% in Nord America, il 34% in Asia e il 9% in Europa.  Nel 2017 Banca d’Italia ha censito, nel nostro Paese, 283 iniziative per un ammontare di investimenti pari a 135 milioni di euro. Siamo ancora lontani dai livelli dei principali Paesi europei come Francia, Germania e Regno Unito ma è evidente che qualcosa inizia a muoversi.

Le resistenze, in un paese come il nostro, sono molteplici. Da un lato, le istituzioni non investono perché il ritorno in termini di profitti è ritenuto poco certo, soprattutto perché la domanda non è ritenuta sufficientemente matura: la scarsa educazione finanziaria, per un verso, e la scarsa digitalizzazione, per un altro, non agevolano la diffusione del fenomeno. Dall’altro lato, si ha paura del possibile carattere distruptive del fenomeno, qualora l’industria finanziaria non riuscisse a rendere coerente la propria attività di intermediazione con le nuove tecnologie. E tutto questo si inserisce in un ecosistema peculiare: un modello di business bancario ancora tradizionale, poco automatizzato e incentrato sulla rete di sportelli. La finanza italiana è ancora governata dalla gerontocrazia dei Cda, spesso simile a quella della politica, avversa ai cambiamenti radicali e favorevole al mantenimento dello status quo. Lo stesso vale per l’altra faccia della medaglia: l’utente italiano è, allo stesso modo, tradizionalmente avverso al cambiamento e fortemente legato alla piccola banca, ritenuta più vicina alle esigenze della piccola media impresa territoriale. A tutto questo si aggiungono una serie di altri fattori: burocrazia opprimente, pressione fiscale elevata, tutela della riservatezza,  protezione dei dati personali, il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. 

Di fatto, però, il futuro sarà della robotica. Millenials e nativi digitali iniziano ad affacciarsi sul mercato con una mentalità molto più aperta al cambiamento e con molte meno resistenze, con un approccio decisamente amichevole verso la tecnologia. Se consideriamo poi le pressioni sui margini che pesano sugli intermediari (Mifid 2, NPL, tassi bassi) non possiamo non condividere le parole del vicedirettore della Banca d’Italia: “la concorrenza sarà una sfida continua agli intermediari tradizionali da parte di operatori più agili e con costi minori”. In altre parole, difficilmente potremo arrestare la rivoluzione digitale che, anche se lentamente, guadagna sempre più terreno.

Come mostra l’indagine condotta da Banca d’Italia (Figura1), le principali iniziative avviate sia dalle banche di maggiori dimensioni, sia dalle banche meno significative si concentrano nella conclusione di contratti e realizzazione di operazioni a distanza con il duplice obiettivo di alleggerire la rete degli sportelli e raggiungere la fascia di clienti più giovane. Per potenziare i servizi offerti alla clientela, la maggiore attenzione è rivolta ai servizi di pagamento declinati principalmente nella fattispecie di instant payments (P2P). Da evidenziare che 9 banche significative hanno avviato progetti su big data e 5 sull’intelligenza artificiale mentre nessun passo concreto è stato fatto in termini di valute virtuali dando conferma della paura legata ad una possibile (seppur parziale) disintermediazione del circuito bancario. Gli intermediari non bancari, invece, sembrano essere orientati soprattutto verso il social lending e il lending-based crowdfunding.


          

                        Figura 1

Il forte connubio finanza – tecnologia trova spiegazione nel sistema finanziario che, da sempre, ha un forte stimolo di innovazione e propensione all’utilizzo di nuove tecnologie che, a loro volta, riescono ad innovare rapidamente processi produttivi obsoleti. I principali vantaggi derivanti dall’implementazione del fintech nelle attività di consulenza e gestione sono riassumibili nei seguenti punti:

  • l’utilizzo di sistemi di investimento algoritmici consente di validare le performance di una strategia sui dati storici, selezionando solo quelle più profittevoli e che hanno maggiori probabilità di continuare a generare utili anche in futuro;
  • la possibilità di misurare statisticamente, e quindi in modo oggettivo, i rischi consente composizioni di portafoglio ben dimensionate e ponderate in funzione del rischio del cliente;  
  • la riduzione dello stress all’interno di mercati sempre più complessi;  
  • si generano economie di scala che consentono di alimentare altri servizi.

In questo ampio contesto Quantalys è identificabile sia come big data, sia come robo4advisor. Da un lato, Quantalys riceve direttamente il flusso NAV dalle varie SGR e, dopo aver effettuato la conversione in euro qualora il fondo sia in valuta, elabora una serie di “analisi di dati massivi”. Dall’altro, si mette a disposizione dei clienti un servizio di supporto al processo di consulenza che guida la figura del consulente in tutte le fasi del suo lavoro grazie ad una serie di tools altamente specializzati e flessibili, che si prestano bene sia alla figura del consulente indipendente, sia alle reti di consulenza/collocamento. In qualità di robo4advisor, Quantalys offre un valore misurabile in “ottimizzazione del tempo” consentendo al consulente di dedicare maggior spazio alla gestione della relazione con la clientela, alla formazione e alla capacità di creare fiducia. Tutti aspetti che oggi sono diventati imprescindibili per far fronte ad un mercato che richiede una specializzazione e professionalità sempre più marcata.

Da Luigi Carta - Analyst and Sales presso Quantalys Italia.