Quantalys ESG360: il punto di vista di Jean Paul Raymond, fondatore di Quantalys.

Pubblicato il 08/10/2019 - Luigi Carta
Da qualche settimana in Quantalys sono disponibili nuove analisi proprietarie relative al mondo ESG. Nella sessione Caratteristiche della scheda fondo è stata inserita la “Valutazione ESG” relativa al singolo prodotto mentre all’interno del portafoglio nella sessione Esposizione è stata implementata l’“Esposizione ESG” globale dello stesso nonché l’indicazione delle masse complessivamente gestite in fondi sostenibili. Alla luce di questi nuovi sviluppi la scorsa settimana abbiamo intervistato il fondatore di Quantalys, Jean Paul Raymond, da sempre sensibile e attento ai temi etici per capire meglio la filosofia che ha guidato queste nuove implementazioni.

 

Jean Paul, da oggi gli Utenti Quantalys potranno valutare un fondo non solo sulla base dei più tradizionali criteri finanziari ma anche con gli occhi della sostenibilità. Perché Quantalys ha deciso di porre particolare attenzione sul tema?

 

“Gli investimenti ESG rispondono ad una esigenza di fondamentale importanza: consentono all’investitore di porre le proprie convinzioni nei suoi investimenti e questo è un passaggio da ritenersi fondamentale soprattutto alla luce degli scandali e delle crisi che hanno coinvolto il mondo della finanza negli ultimi decenni.” Ne è convinto Jean Paul Raymond secondo cui, oggi, gli investitori non si accontentano più del solo rendimento semplicemente perché sono i primi ad essere consapevoli che il rendimento certo e sicuro non esiste e, rispetto al passato, è più difficile da trovare e mantenere nel tempo. “Un investimento sostenibile quindi consente all’investitore di partecipare attivamente al proprio investimento in quanto le proprie convinzioni prevalgono rispetto a quelle del gestore. In modo particolare questo è riscontrabile soprattutto nei campi legati alla green economy dove vi è stata e vi è sempre di più una presa di coscienza delle anomalie ambientali dovute al climate change. Noi abbiamo deciso di dedicare uno spazio di rilievo a questo tema in occasione dei Quantalys Inside che si terranno a Parigi presso il Palazzo della Borsa il prossimo 18 Dicembre. Tra i nostri ospiti avremo il fotografo Yann Arthus Bertrand che ha girato il mondo fotografando dall’alto diverse situazioni emblematiche del cambiamento climatico.”

 

Lei ha più volte sottolineato che la metodologia sviluppata da Quantalys per la valutazione ESG si differenzia rispetto a quelle già presenti nel mercato. Potrebbe spiegarci meglio in cosa consiste questa differenza?

 

“Prima di tutto è necessario specificare che non abbiamo implementato un Rating ESG bensì una classifica ESG. Non è solo una questione di sintassi, la differenza è sostanziale: il rating presuppone un giudizio di valore sul fondo nel bene e nel male che sia, una classifica esula dal volere dare un giudizio ESG. Perché questa decisione? Principalmente per due motivi: in primis ad oggi abbiamo contato in Europa ben undici società che hanno sviluppato un Rating ESG e si rischia di creare eccessiva confusione sul tema, in secondo luogo perché attribuire un Rating ESG significa valutarne i sottostanti e questo risulta davvero complicato. Un esempio forse è più esemplificativo e chiarificatore: se prendiamo in considerazione una grossa azienda petrolifera questa, molto probabilmente, è al tempo stesso una delle imprese più inquinanti e anche una di quelle che più investe nelle nuove tecnologie di transizione energetica. Che giudizio dovremo quindi dare alla grossa azienda petrolifera? Positivo? Negativo? L’analisi dei sottostanti è davvero complicata, e questo è solo uno dei tanti esempi.”

 

Chiarissimo Jean Paul: la differenzia sostanziale è che la metodologia Quantalys è una classifica e non l’attribuzione di un Rating. Potrebbe darci maggiori dettagli sulla metodologia sviluppata?

 

“Il nostro punto di partenza è stata la lettura dei prospetti dei fondi: partire dall’unico documento legale dove il gestore dichiara che pratica intende seguire (e che deve seguire per evitare sanzioni regolamentari) ci è sembrato essere il punto di partenza più ragionevole e neutrale. Dopo la lettura di diversi Prospetti ci siamo resi conto che una buona classificazione ESG avrebbe dovuto passare per quattro pilastri fondamentali:

  1. Intensità ESG. Nella selezione dei sottostanti il criterio ESG non è menzionato, è considerato come un criterio qualsiasi, è prioritario o è esclusivo? In funzione della risposta intensità ESG sarà più o meno forte.
  2. Focus ESG. Nell’espletare il mandato ESG il fondo su quale focus si concentra? Ambiente, sociale o governance? Ovviamente bisogna specificare che sono plausibili tutte le possibili combinazioni tra i tre focus ma è più diffuso che un fondo si occupi o di tutte e tre (ESG), oppure solo di ambiente (E) oppure di sociale e governance (SG). È più difficile che un fondo si occupi di ambiente e sociale e di ambiente e governance tendenzialmente quelli che vanno a braccetto sono il sociale e la governance.
  3. Strategia della SGR. Le strategie che la SGR può perseguire sono diverse: ad oggi ne abbiamo contate otto ma non possono ritenersi esaustive in quanto la prassi che si consolida nel mercato potrebbe far emergere nuove strategie già domani. Tra le varie ad esempio vi è quella del best in class o dell’esclusione (si escludono a priori nella selezione determinati settori come il tabacco o le armi) o quella legata ai principi ODD dell’ONU ossia sulle pratiche da tenere sul mercato del lavoro (ad esempio quindi si possono considerare solo quelle società che non sono coinvolte nello sfruttamento minorile o che si occupano della tutela della figura femminile).
  4. Tematiche ESG. Anche le tematiche così come la strategia della SGR non possono considerarsi esaustive ma in continua via di aggiornamento in funzione dell’evoluzione delle prassi di mercato. Ad oggi ne abbiamo contate 15 e tra le più ricorrenti rientrano la transazione energetica, l’invecchiamento della popolazione, il tema dell’acqua e del cibo, la salute.

A lungo andare questo richiederà anche una più ferrea due diligence perché il rischio è che, trascinati dalla moda del momento, tutte le SGR dall’oggi all’indomani dichiarino di perseguire in toto un mandato ESG. Ad oggi nel database francese contiamo circa 900 fondi ESG, ossia l’8% del totale. Io credo che da qui a un paio d’anni - prosegue Jean Paul - è molto plausibile che questa quota salga al 25% - 30% e sarà quindi inevitabile un controllo via via più stringente.”

 

Certo, una metodologia che nulla ha a che vedere con un Rating. Solo un’ultima curiosità: perché è stato scelto il nome di Quantalys ESG360?

 

“Abbiamo scelto questo nome perché la metodologia che abbiamo sviluppato vuole avere un approccio olistico e gradualmente sarà integrata in tutti i tool tradizionali Quantalys. È oggi già presente nelle schede fondo e nell’analisi relativa all’esposizione del portafoglio; nei prossimi mesi verrà coinvolto anche il motore di ricerca, l’ottimizzatore in prodotti e la reportistica.”

Da Luigi Carta - Analyst and Sales presso Quantalys Italia.